Umanista e storiografo del XV secolo, Giannantonio Campano nacque a Cavelle di Galluccio, nel casertano, da una famiglia di modeste condizioni economiche il 27 febbraio 1429. A causa della morte prematura del padre, venne allevato dallo zio paterno Teolo e dopo aver compiuto i primi studi presso il prete di Galluccio, nel 1445 si trasferì a Napoli. Qui il Campano, che si guadagnava da vivere facendo il precettore dei figli del nobile Carlo Pandoni, frequentò lo Studio partenopeo avendo fra i suoi professori il medico sulmonese Niccolò Rainaldi, poi suo maestro anche a Perugia. Nel 1452, infatti, mentre si stava recando a Siena per seguire, assieme al fratello, la lezione del celebre giurista Mariano Sozzini, fu assalito dai soldati napoletani in val d'Orcia. I due furono costretti a interrompere il viaggio nel capoluogo umbro,dove Giannantonio rimase per diversi anni ritagliandosi uno spazio importante nella vita accademica e pubblica perugina. Potendo contare sulla protezione della famiglia dei Baglioni presso la quale visse (fu precettore di Niccolò), cominciò a studiare greco con Demetrio Calcondila finchè il 16 novembre 1455 gli fu offerta la cattedra di retorica dello Studium Perusinum e, a dimostrazione della stima che ormai godeva presso i perugini, nella primavera successiva fu chiamato a partecipare, come oratore, all'ambasciata di obbedienza che Perugia inviò al nuovo pontefice Callisto III. In questa fase del suo soggiorno umbro strinse forti legami con molte famiglie perugine e diversi professori dell'Ateneo come Niccolò Viva, Giovan Battista Alfani e Matteo Baldeschi, mentre è nota la sua partecipazione alla contesa tra Mattiolo Mattioli e Niccolò da Sulmona, conclusa con una disputa pubblica a favore di quest'ultimo. La peste che colpì Perugia nel 1457 lo costrinse a riparare presso il lago Trasimeno dove rimase fino alla primavera del 1458. Fu in questo periodo che scrisse il 'De felicitate Thrasimeni'. Come era accaduto per Callisto III, nell'agosto di quell'anno, partecipò all'ambasciata di obbedienza organizzata da Perugia per l'ascesa al soglio pontificio di Pio II. Amante della letteratura, il nuovo papa ebbe un ruolo fondamentale per il proseguo della vita dell'umanista casertano. Mentre si stava recando al congresso di Mantova, Pio II si fermò a Perugia il 1 febbraio 1459. La sosta permise al Campano di rincontrare il pontefice, ma soprattutto fu in questa occasione che Francesco Accolti, al seguito del papa, lesse una bozza del suo 'De ingratitudine fugenda', rimanendone impressionato positivamente. L'Ammannati, all'epoca segretario pontificio, dopo aver letto anch'egli l'opera invitò l'umanista ad aggregarsi alla curia, cosa che il Campano fece accettando con entusiasmo. Del resto con Perugia, in particolare con il suo mondo accademico, aveva ormai un rapporto di odio e amore, come testimonia lo scontro con il collega Guido Vannucci dall'Isola. A Mantova entrò in contatto immediatamente con l'entourage più vicino a Pio II, facendosi apprezzare da quest'ultimo per le sue risposte pronte e incisive. Nel settembre di quell'anno, sempre a Mantova, il Campano ricevette due ambasciatori del duca Francesco Sforza, Ottone del Carretto e Nicodemo Tranchedini, che volevano affidargli la redazione di una biografia del proprio signore. I due, probabilmente, avevano letto 'Vita et res gestae Braccii Fortebraccii', la biografia che il Campano dedicò al celebre condottiero umbro. L'opera, redatta a Perugia nel 1458 e presentata dallo stesso autore a Rimini a Carlo Fortebracci l'anno dopo, viene considerata il lavoro più importante dell'umanista di Cavelle, quello che lo fece conoscere come grande storiografo. Fama a cui i due "sforzeschi" si rifecero, ma che non poterono sfruttare in quanto il progetto non si realizzò per il rifiuto del Campano. Divenuto familiare del cardinale Alessandro Oliva, vicino al papa, dopo un breve soggiorno a Siena nel 1460, nell'autunno accompagnò a Perugia lo stesso cardinale, che era stato incaricato d'indagare sulla morte di Pandolfo e Niccolò Baglioni. Nel 1461, sempre con l'Oliva, fu protagonista della pace di Osimo con la quale fu posta fine alla controversia scoppiata fra Jesi e Ancona, mentre nell'estate dell'anno successivo si fermò alle terrme di Vignone, probabilmente per cercare di curare i suoi attacchi di epilessia. Nominato vescovo di Crotone, decise di ritornare presto presso il cardinale Oliva, con il quale restò fino alla sua morte avvenuta nell'agosto del 1463. Pochi mesi dopo anche il Campano si ammalò e fu in questo periodo che lesse i commentarii di Pio II, a cui quasi certamente apportò delle correzzioni. Ripresosi dalla malattia, nell'autunno del 1464 si recò a Teramo, della cui diocesi era stato nominato vescovo. Successivamente, fino al 1471 fu familiare del cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, formatosi all'Università di Perugia e futuro papa Pio III nel 1503, anche se il suo vero protettore sino alla morte fu quel Giacomo Ammannati che precedentemente lo aveva invitato ad entrare nella curia romana nel 1459. E' a quest'ultimo, nominato cardinale nel 1461, a cui il Campano inviò le sue lettere e dedicò le sue poesie. Ammirato per le sue qualità oratorie, non ebbe difficoltà a stabilire buone relazioni anche con il nuovo pontefice Paolo II, anche se durante il suo pontificato il rapporto andò sempre più a incrinarsi. Tra i grandi incarichi politici che gli furono affidati, molto importante fu la sua partecipazione alla dieta di Ratisbona. In particolare il Campano fu impressionato dal lungo viaggio che lo impegnò, fra andata e ritorno, per tutto il 1471. Nell'estate di quell'anno, intanto, salì al soglio pontificio Sisto IV, ossia quel Francesco Della Rovere che, professore a Perugia negli anni Cinquanta del XV secolo, il Campano aveva avuto modo di conoscere. Il nuovo papa, nell'aprile del 1472, lo nominò governatore di Todi, per poi trasferirlo nell'autunno a Foligno dove iniziò la biografia del Montefeltro. Nel marzo del 1474 fu governatore di Città di Castello dove, nonostante l'amicizia con il Vitelli, non potè impedire l'occupazione della città da parte delle truppe pontificie. Recatosi successivamente a Siena, il 15 luglio 1477 morì e fu sepolto nel Duomo della cappella del Battista. Oltre agli scritti già citati, il Campano ha lasciato una notevole produzione letteraria molta della quale composta durante il "soggiorno perugino", tra cui diverse poesie, di contenuto elegiaco, appartenenti ai libri I e III del 'Poemata'. Tra i suoi corrispondenti, oltre all'Ammannati (in particolare note sono l'epistole inviate e ricevute durante la missione in Germania), si ricordano l'umanista fiorentino Alessandro Braccesi e Lorenzo il 'Magnifico'. Per
Ermini (1971): notizie biografiche e attività didattico scientifica a pp. 600-603.