Dopo aver ricostruito, in maniera essenziale ma efficace, le tappe più importanti della vita dell’umanista perugino Francesco Maturanzio (1443ca-1518), evidenziandone peregrinatio academica e viaggi formativi come quello a Rodi per migliorare la conoscenza del greco, si sofferma, delineandone il difficile sviluppo, sull’umanesimo perugino del XV secolo. In particolare, rimarca le difficoltà avute dalle discipline umanistiche nel decollare all’interno dello Studium Perusinum proteso, sin dalle sue origini, verso insegnamenti (diritto e medicina), più confacenti all’esigenze della città. A testimonianza di questo ricostruisce le vicende che, tra il 1427 e il 1429, costrinsero il Comune perugino ad affrontare una serie di defezioni e abbandoni, in particolare quello di Tommaso Pontano, per la lettura di grammatica allo Studium. indica nella scarsa attenzione da parte dei vari centri decisionali, spesso in conflitto fra loro, la complicata e balbettante evoluzione delle materie letterarie all’interno dell’Università perugina e il conseguente motivo che spinse eccellenti menti dell’epoca, come Maturanzio e Campano, a ricercare altrove quei rudimenti necessari per soddisfare le proprie voglie di sapere. Nello specifico, Maturanzio dopo una prima formazione nel patrio Ateneo sotto Guido Vannucci dall’Isola, sentì il bisogno di forgiare la sua formazione dapprima a Ferrara e poi a Vicenza, seguendo le lezioni di Ognibene da Lonigo. Al fine di fornire un quadro esaustivo dello sviluppo delle letture d’indirizzo umanistico nel quattrocentesco Studio perugino, in appendice riporta, dai registri finanziari dei Conservatori della Moneta e da quelli della Camera Apostolica perugina, i docenti di grammatica, retorica, autori, arte oratoria e poesia, con i rispettivi salari, che insegnarono a Perugia in quel secolo. Si evidenzia che i dati relativi agli anni accademici compresi fra il 1451 e il 1504 derivanti dall’analisi dei registri della Camera Apostolica, sono del tutto inediti e frutto di una nuova indagine d’archivio.