Concentra l'attenzione sui commenti alle leggi compresi sotto il titolo 'De Dignitatibus' del Codex giustinianeo del giurista, perugino di adozione, Bartolo da Sassoferrato, le cui letture diedero tanta fama e lustro al trecentesco Studium Perusinum. Proprio la riflessione sulle dignitas sine administratione, offre al sassoferratese la chiave per leggere il fenomeno della nobilità medievale dal punto di vista sociale. Dopo aver ricordato alcuni dati biografici del celebre dottore, come il conseguimento a Bologna del baccalaureato assieme al Botrigari nel 1333 e la laurea dell'anno successivo (dopo essersi formato con i corsi perugini di Cino da Pistoia), è fatto risalire al suo ultimo periodo di vita la Repetitio in questione. Individua in Conte di Sacco Saccucci, nel gruppo di civilisti di cui godeva all'epoca l'Ateneo di Perugia, colui che ne portò a compimento la stesura, a causa della probabile malattia o morte di Bartolo. Si illustra la struttura e la fortuna postuma del Tractatus ed evidenzia come Bartolo trovi nella dignitas un criterio di differenzazione, di elevazione e di esclusione della società medievale. In particolare afferma che a far "nobile un soggetto, non è la ricchezza, ma il possesso di un titolo conferito", come quello dottorale. Per Bartolo, quindi, la dignitas dativa supera quella nativa, in quanto "il merito conquistato vale più del merito ereditato".