Nato a Orvieto nel 1531 dall’unione di due importanti famiglie patrizie (Cartari-Febei), Flaminio di Giulivo si formò presso lo Studium Perusinum seguendo i corsi di diritto di Marco Antonio Eugeni e Ristoro Castaldi. Già in una epistola inviata al cugino Febei da Perugia nel 1551 (probabilmente dal Collegio della Sapienza Vecchia dove risulta dimorante sin dall’ottobre 1550) si denota un certo indirizzo umanistico che caratterizzò molte scelte della propria vita. Rientrato ad Orvieto dopo aver conseguito il dottorato, nel 1557 sposò Virginia Polidori dalla quale ebbe quei figli con i quali formò il nucleo di un ampio studio professionale, capace anche di fornire il personale per vari uffici ordinari o straordinari di giurisdizione nello Stato della Chiesa. Così mentre Giulivo, intraprese la via degli uffici maggiori, Muzio (1562-1594) collaborò allo studio e alla redazione delle opere paterne; esercitò a Roma l'avvocatura e divenne podestà di Spoleto nel 1588-89. Papirio invece (1568-1604) seguì gli affari ad Orvieto, dove fu gonfaloniere nel 1598; ricoprì per due semestri, dal 1593 al 1594, la carica di podestà di Tolentino e ottenne dal 1º maggio 1601 sino alla morte, la carica ambita di uditore di Rota a Perugia. Rutilio e Quintilio, infine, s'applicarono nello studio paterno, che abbandonarono presto, per dedicarsi al ministero ecclesiastico. Accanto all’attività legale, Flaminio non escluse uffici e incarichi pubblici. Podestà di Spello nel 1560, più volte gonfaloniere d’Orvieto, ambasciatore a Firenze, nel 1577 fu uditore del vescovo di Spoleto e quindi in seguito luogotenente criminale a Perugia del cardinale Filippo Spinola. Successivamente ebbe ulteriori incarichi che tuttavia non lo indussero mai a lasciare Orvieto come sede principale delle sue attività. Dopo altri uffici minori ed essere nominato uditore di Rota delle cause civili di Genova, morì nel 1593 probabilmente a Roma. Curioso bibliofilo, fu autore di varie opere come il Tractatus de executione sententiae contumacialis capto bannito del 1587 ed i Theoricae et praxis interrogandorum reorum libri IV del 1590.