Biografia del giurista, letterato e oratoriano eugubino, di nobile famiglia corsa trasferitasi in Umbria all’inizio del XVI secolo, Tommaso di Onofrio Bozio (1548-1610). Dopo essersi laureato nel 1567 in utroque allo Studium Perusinum che frequentò sin dal 1565, si trasferì a Roma per esercitare l’avvocatura e portare avanti i suoi studi umanistici. Nell’agosto del 1569, però, venne a contatto con San Filippo Neri attraverso la frequentazione dell'oratorio di S. Girolamo della Carità. Affascinato dal personaggio e dal mondo oratoriano, abbandonò l’attività forense e vendette la ricca Biblioteca dando il ricavato in beneficenza . Una svolta religiosa non accettata dalla famiglia e in particolare dal padre che gli tolse ogni aiuto economico. Nel 1571, così, entrò nel convitto creato dal Neri presso la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini per i suoi discepoli. Assieme a lui entrò a far parte della Congregazione anche Antonio Talpa, precedentemente studente anch’egli all’Università di Perugia, dove risulta immatricolato nel 1559 (n.d.r.). Se i due si conobbero durante il reciproco studentato perugino non sia ha certezza (n.d.r.), tuttavia nella scheda si evidenzia il forte legame fra i due, testimoniato da un ricco carteggio che risale a quando il Talpa venne trasferito dalla Congregazione alla casa di Napoli. Una documentazione che, tra l’altro, costituisce una delle fonti più importanti per la ricostruzione della vita di Filippo Neri e delle vicende della Congregazione (Arch. dell'Oratorio Romano, Cor., B. III). Divenuto sacerdote nel 1572, ricoprì cariche sempre più importanti all’interno della Congregazione, fino a diventarne rettore nel 1590. Nonostante il suo intenso apostolato religioso e la dedizione alla vita della Congregazione, non abbandonò i suoi interessi letterari ed eruditi anzi, grazie anche agli indirizzi del Neri, li allargò a quelli di ambito teologico. L’8 marzo 1582, pertanto, un decreto della Congregazione lo incaricava di aiutare Cesare Baronio nella revisione degli Annales ecclesiastici, alla cui redazione il cardinale attendeva fin dal 1566. Tale collaborazione, lo stimolò ancor più e così nel 1588 diede alle stampe a Roma una sua raccolta di Carmina latina. I motivi apologetici e di polemica antiprotestante evidenziati nell'opera del Baronio, largamente sentiti nell'ambiente dei filippini, lo spinsero d'altra parte sulla polemica teologico-politica e nel 1591 pubblicò, sempre a Roma, il trattato De signis Ecclesiae Dei contra omnes haereses, che venne ristampato in Francia ed in Germania. Nonostante tale successo e l’autorità raggiunta, non volle intraprendere la carriera ecclesiastica all’interno della Curia rifiutando la nomina a vescovo di Urbino. Nel 1592 , su invito di Clemente VIII, iniziò a lavorare intorno a quei trattati "adversus Machiavellum" che costituiscono il tratto più saliente della sua pubblicistica e che lo hanno fatto divenire la figura principale della polemica antimachiavelliana della cultura controriformistica. Vennero, così, pubblicati a Roma nel 1593: il De robore bellico diuturnis et amplis catholicorumregnis, (altre edizioni a Colonia nel 1594 e 1601), dedicato al pontefice Clemente VIII e al cardinal nepote Pietro Aldobrandini; e il De imperio virtutis sive imperia a veris virtutibus non a simulatis debent..., dedicato anch'esso a Clemente VIII e a Cinzio Aldobrandini, altro studente dell’Ateneo perugino, all’epoca cardinale di S. Giorgio. Del 1595, infine, sono gli altri due trattati: il De ruinis gentium et regno rum; e il De antiquo et novo Italiae . Prima di morire a Roma all’età di 62 anni, sistemò il vastissimo materiale raccolto durante la collaborazione con il Baronio. Nacquero così i dieci volumi degli Annales Antiquitatum, due dei quali furono pubblicati postumi dal fratello Francesco (1637), mentre i rimanenti rimasero manoscritti e sono conservati, assieme ad altri suoi scritti, alla Biblioteca Vallicelliana.