L'appartenenza al nobile casato perugino dei Guidalotti e la scelta della fazione popolare, permisero ad Alberto, figlio di Nino e Ceccola d'Assisi, di rivestire importanti incarichi nella Perugia di fine Trecento. Grazie alla conoscenza dell'anno (1376) in cui ebbe il suo primo incarico (fu nominato ambasciatore a Bologna per definire l'adesione perugina alla lega guelfa in versione antiavignonese), si è fatta risalire la sua nascita al quinto decennio del XIV secolo. Studiò a Perugia, ma
Falaschi (2003) pur evidenziando l'appartenenza di Alberto Guidalotti al Collegio perugino dei dottori, sottolinea che non risulta una sua presenza come professore nello Studio patrio, confutando così quanto sostenuto dallo
Zdekauer (1898) e successivamente ripreso dall'
Ermini (1971,p. 154). Probabilmente detenne la cattedra a Padova durante il suo soggiorno patavino, almeno tra il 1386 e il 1388. In quella città studiarono anche due dei suoi figli: Benedetto e Alberto laureatisi il primo in Diritto civile nel 1414 e il secondo in Diritto canonico nel 1416, anno in cui il 25 ottobre risulta declamare una orazione nell'Ateneo patavino (
Piana 1966, p.11). Di Benedetto si ricorderà che nel 1426 fondò il Collegio studentesco detto "Sapienza Nuova". La difficile situazione politica perugina della fine del '300 infatti dovette spingere Alberto a lasciare Perugia, come anche fece nello stesso periodo ad esempio Angelo degli Ubaldi. Qui, tuttavia, iscritto al Collegio dei giuristi, rivestì importanti incarichi politici e diplomatici. Nel 1380, tornato da Padova, fu inviato a Foligno per rendere omaggio a Carlo d'Angiò Durazzo indirizzato a Roma. Nominato podestà di Città di Castello per il primo semestre del 1381 e di Bologna per i primi sei mesi dell'anno successivo, Alberto venne inviato presso Luigi d'Angiò, all'epoca in concorrenza con Carlo per il dominio sul regno di Napoli. I perugini, in questo modo, volevano limitare i danni del passaggio di Luigi e il suo esercito. A tal fine fu inviato anche a Camerino da Rodolfo II Varano per ottenere un suo appoggio e difendere lo status quo a Perugia. In realtà, i tafferugli che nel settembre del 1382 colpirono i Raspanti, vennero creduti ispirati dai Guidalotti stessi, e forse è per questo che risale al 14 ottobre, ossia un mese dopo i tumulti, il testamento che Alberto dettò nel convento dei domenicani di Perugia. Tra le notizie riscontrabili nell'atto, si apprende che all'epoca era sposato con Giovanna 'domini Nicole' dalla quale aveva avuto Tomassa. La sua precaria posizione in città, però, dovette essere ben presto superata visto l'incarico di tornare a Camerino, e viste anche le nomine dei fratelli Paoluccio e Francesco a podestà, rispettivamente, di Ascoli Piceno e Nocera Umbra. Nel 1385 recuperò a Perugia Montone e Fratta e fu mandato, insieme ad Oddo Baglioni, a Genova presso Urbano VI, incontrato anche nel settembre del 1387 a Lucca riuscendo a convincerlo di trasferirsi a Perugia dove entrò, solennemente, il 2 ottobre. Poco dopo con Bartolomeo Armanni si recò a Firenze per ottenere determinati favori in cambio dell'impegno perugino di convincere il papa alla pace con i fiorentini. Missione che finì in malo modo, con il pontefice che licenziò l'ambasciata toscana duramente. Ancora nel 1389 lo troviamo impegnato in diversi incarichi per il comune: tra i cinque cittadini circha conservationem boni liberi et pacifici et tranquilli status civitatis et communis Perusii, ambasciatore a Firenze, nel 1391 tra i cinque sulla libertà e la guerra. La morte di Biordo Michelotti nel 1398 per mano dei cugini di Alberto mise in seria difficoltà la famiglia Guidalotti le cui case vennero distrutte e i responsabili dell'omicidio a loro volta giustiziati. L'unico ramo che sembra sia riuscito a conservare e quindi a tramandare alle generazioni future la gloria del casato è proprio quello del giurista, anche grazie alla protezione che dovette assicurare a lui e alla moglie Giovanna, con i figli Tomassa, Benedetto, Angelo, Alberto, Elisabetta, il celebre dottore perugino Onofrio Bartolini. Tre lettere del maggio-giugno 1389, pubblicate dallo
Zdekauer (1898), scritte dal Guidalotti al lettore senese Bartolomeo di Biagio, evidenziano l'interesse del perugino per il diritto e il commercio librario. Sulla data della morte, tradizionalmente collocata nel 1390, dai Consigli e Riformanze si potrebbe posticipare almeno al 5 marzo del 1391, quando viene eletto dai priori nella magistratura straordinaria dei cinque sopra la libertà e la guerra. Il fondo notarile dichiara inequivocabilmente defunto Alberto nel 1394. Il giurista viene nominato ancora come fosse in vita nel 1403 tra i prestatori di denaro al comune ma forse si trattò di un errore, mentre viene dichiarato defunto nel 1426 quando è estratto dal sacco dei giudici super communi dividundo.