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Buccio, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 14 (1972), pp. 775-777., di Clara Gennaro (1972)

Francescano di Pietralunga, ne ipotizza la formazione in diritto civile e canonico a Perugia. Considerato della famiglia Bonori, appare come "iurisperitus " nell'atto del 10 gennnaio 1348, con il quale gli venne concessa la cittadinanza di Città di Castello, che si avvarrà più volte della sua preparazione giuridica. Nominato vescovo della città tifernate nel 1358, affrontò con fermezza i problemi esistenti all'interno della sua diocesi, riunendo un sinodo durante il quale propose varie misure di riforma del clero. Uomo di fiducia del cardinale Albornoz , nel 1359 quest'ultimo gli affidò insieme con il rettore di Massa Trabaria il castello di Scalocchio, conteso tra i due comuni alto tiberini e il 21 dicembre 1363, in presenza dello stesso Albornoz, venne raggiunta una transazione nella lotta tra l'abate del monastero camaldolese di San Sepolcro e il vescovo di Città di Castello, per la giurisdizione sul monastero stesso e su Borgo San Sepolcro. Godette anche della fiducia di papa Urbano V che gli affidò, assieme ad altri, la riforma del monastero di Subiaco (1363) e lo incaricò di stabilire rapporti più stretti tra Firenze e Pisa, che non avevano ripreso il rapporto commerciale nonostante la pace stipulata nell'agosto del 1364. Se questa missione non ebbe molto successo, più fortuna ebbe l’incarico di cercare di stringere una lega italiana contro le compagnie di ventura (1365-1366). In rapporto con Giovanni Colombini e i suoi “gesuati”, ebbe un ruolo importante nello sganciare Città di Castello dall’orbita perugina, inserendola in quella romana in un accordo favorevole alla città tifernate (1369). Prima della morte, che lo colpì nel 1374, riuscì a riottenere per la propria città, i territori di Citerna e il castello di Celle.

Fonti collegate

Personaggi citati

  1. Buccio