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L'Università di Perugia in età moderna: una dialettica fra Stato e corporazioni urbane, "Annali di storia delle Università Italiane", 18 (2014), pp. 185-193., di Regina Lupi (2014)

Nel corso dell'Età Moderna, l'Ateneo di Perugia fu amministrato, a seconda dei mutamenti politici, dalle magistrature cittadine, da rappresentanti del potere centrale ecclesiastico e dai collegi dottorali dei giuristi, dei medici e dei teologi. Il saggio, in particolare, prende in esame il ruolo avuto dai collegi dottorali sulla evoluzione-involuzione conosciuta dallo Studio perugino fra il XVII e il XVIII secolo. Con la riforma di Urbano VIII del 1625, il potere di questi andò sempre più rafforzando, fino a divenire una vera e propria corporazione sociale che andò a privilegiare il conservatore patriziato perugino, che ebbe tutto l'interesse a non aprirsi alle novità politiche e culturali conosciute altrove. Ciò portò l'Università ad una chiusura, cetuale e disciplinare, che la indirizzò in una profonda crisi, anche se menti illuminate del Settecento, come Meniconi e Annibale Mariotti, seppero ritagliarsi degli spazi importanti. Non mancarono tentativi per apportare delle riforme che potessero scalfire il potere dei collegi dottorali, come quello del vescovo Vitale de Buoi del 1720, ma furono tutti ostacolati dall'èlite cittadina che capitolò solo il 18 marzo 1798, quando fra i primi provvedimenti del regime repubblicano si stabilì la soppressione di tutte le corporazioni, tra cui i collegi dottorali, che non riacquistarono più la loro forza nemmeno con la Restaurazione. L'Università diveniva una competenza dello Stato e furono introdotte discipline tipiche della cultura illuminista.

Fonti collegate

Personaggi citati

  1. Annibale Mariotti Perugia
  2. Franciscus Meniconi