Esponente di una famiglia del patriziato genovese conosciuta per l’attività notarile di molti suoi membri, Oberto di Giambattista Foglietta nacque attorno al 1518 e precocissimo si mise in luce per le sue capacità letterarie. Costretto assieme alla famiglia a trasferirsi a Roma, nel 1538 è già chierico e, dopo essersi recato a Perugia per studiare legge, divenne abbreviatore e protonotario apostolico. Sotto il pontificato di Giulio III iniziò la sua produzione letteraria con un'orazione latina per la festa di Ognissanti del 1553 declamata proprio di fronte al papa. Successivamente godette anche della protezione di papa Paolo IV, che lo fece referendario apostolico e intercedette presso la Repubblica di Ragusa a favore del fratello Paolo. Nel 1555 uscì il dialogo in tre libri De philosophiae et iuris civilis inter se comparazione, che si connota per una lunga difesa dello studio del diritto contro quello della filosofia. Quattro anni dopo concluse l’unica opera in italiano il dialogo Delle cose della Repubblica di Genova, a causa del quale si scontrò con il governo della Repubblica che per ritorsione lo bandì dalla città. Dal 1564 fu al servizio di Emanuele Filiberto di Savoia come gentiluomo di corte e storiografo ufficiale, ma probabilmente non si recò mai in Piemonte e nel 1566 cessò dalla carica. A Roma, il cardinale Flavio Orsini lo raccomandò al cardinale Ippolito d'Este. L’ultimo decennio della sua esistenza lo dedicò soprattutto alle opere di tema storico curate postume in particolare dal fratello Paolo. Di questo periodo è da citare anche il De caussis magnitudinis Turcarum imperii, dedicato a uno dei vincitori di Lepanto, Marc'Antonio Colonna. Del 1572 è la raccolta dei Clarorum Ligurum elogia, dedicato ai Doria con i quali aveva polemizzato nel dialogo del 1559, cercando così di ottenere la revoca della condanna. Riabilitazione di cui tuttavia non ebbe bisogno visto il nuovo regime a lui favorevole che si instaurò a Genova. Il 2 gennaio 1576 il nuovo governo lo nominò infatti pubblico storiografo, incaricandolo della scrittura degli annali contemporanei. Morì però improvvisamente a Roma il 5 settembre 1581. L’opera fu pubblicata postuma nella parte già conclusa comprendente le vicende genovesi dalle origini romane al 1527.